CARVEN: J'adore!

Di ritorno dalla lunga pausa natalizia parliamo di una “nuova”, deliziosa griffe: Carven.



A essere sincera, non ero una super esperta di Carven quando mi sono imbattuta per la prima volta nei suoi look.
Lì per lì ho avuto la sensazione di un déja vu ma nulla più di questo; a ogni modo mi sono entusiasmata e ho deciso di mettermi all’opera facendo una piccola ricerca.
Di seguito ecco una sintesi della sua storia e uno sguardo sull’ultima collezione.

La maison Carven venne fondata nel 1945 in Rond Point des Champs Elysées da una signora piccola e minuta, Madame Carmen de Tommaso, con l’intento di dar vita a un’haute couture meno pomposa, più giovane e vicina alle concrete esigenze delle donne, comprese quelle come lei, che erano piuttosto discriminate dall’alta moda dell’epoca.
Dopo i notevoli successi dovuti all’apprezzamento tributato dall’aristocrazia internazionale e dalle dive del cinema oltre che all'enorme diffusione del profumo Ma Griffe, Carven ha scontato un certo appannamento ed è entrata in un cono d’ombra, da cui è davvero riemersa solo nel 2010 con le creazioni del designer Guillaume Henry, nominato direttore creativo a partire dalla scorsa primavera-estate.

Guillaume Henry - Vogue.fr

Henry - già da Givenchy come assistente di Riccardo Tisci e da Paule Ka -, nonostante presentazioni volutamente low profile al di fuori della settimana delle sfilate francesi, ha subito suscitato l’entusiasmo di personaggi di rilievo come Natalie Massenet di Net-A-Porter (che lo ha definito il nuovo Saint Laurent), Maria Luisa dell’omonima boutique parigina e Suzy Menkes, autorità indiscussa del giornalismo di settore.
Il motivo è facilmente comprensibile: basta passare in rassegna i capi della prossima stagione, giocati sul filo dei contrasti, quintessenza di uno chic molto parisien, femminile e romantico ma con grinta, elegante ma anche sportivo, disinvolto e privo di ostentazione, sensuale ma al tempo stesso fresco e giovane; 

il tutto a prezzi piuttosto accessibili, almeno rispetto agli altri grandi nomi del prêt-à-porter, perché il primo cambiamento rispetto al passato è stato il passaggio dall’esclusività dell’haute couture al ready to wear di alta gamma.
D’altra parte il pilastro dell’Henry pensiero sta in una concezione della moda non come exploit da red carpet o esibizione di lusso sfrenato, non come tendenza estrema, valida per una sola stagione, ma come un insieme di proposte raffinate, semplici, cool, desiderabili e soprattutto senza tempo per donne o, meglio, ragazze vere che non si arrendono alla dittatura del total look, abituate come sono a mescolare anche con indumenti presi dal guardaroba del fidanzato o dei genitori, ragazze con una vita piena ma reale e con un portafogli che si avvicina alla normalità.
Detto questo, per la p-e 2011 Henry, che concepisce le sue collezioni come fossero racconti, ha immaginato una studentessa (un tipino scanzonato e non ossessionato dai vestiti) persa nel Louvre e affascinata dall’Antica Grecia, da Pompei, da Luxor; queste suggestioni le ritroviamo nelle stampe in bianco e nero effetto scavi ed eruzioni vulcaniche,


che punteggiano qua e là una sequenza di outfit caratterizzata da lunghezze mini, tagli, drappeggi,


sovrapposizioni,


fiocchi (anche sulle scarpe),


silhouette aderenti


o discretamente opulente


e colori tenui, soprattutto nelle sfumature del rosa e del carne.

Una “borghese ma con un lato pericoloso”


semplicemente adorabile, che inanella uno dietro l’altro abiti ingenui e sensuali con effetti sorprendenti e astute soluzioni intercambiabili per look di volta in volta provocatori o facilmente portabili; è il caso del cocktail dress blu e nero con profonda apertura, da cui spunta un inaspettato reggiseno di cashmere beige (può essere sostituito con più gestibili top e camicie),


dell’abito in maglia di lino e cashmere con mega oblò che mostra un notevole duo bustier e 
colletto-pettorina in faille caratterizzato dalla presenza di decori (vale lo stesso discorso di sopra)


o del microtubino a stampa “archeo” con colletto point d’esprit asportabile.


Il colletto - presente in gran quantità nella collezione, anche decontestualizzato dalla camicia in versione accessorio - è un’autentica mania di Henry, che ne apprezza la versatilità e la capacità di conferire allure differenti a seconda che sia completamente abbottonato o meno.


Altro sottotema è il mix di “impegnativo” e casual in una nuova rivisitazione del concetto molto francese di décalage; un esempio il delicato microabito da jeune fille en fleur abbinato con i tacchi e uno sportivissimo zainetto nero.


D’altra parte ciò che traspare e rende queste creazioni irresistibili è proprio la sensazione di naturalezza, libertà e paradossalmente unicità, se è vero che - come sostiene Guillaume Henry – ciò che indossiamo fa emergere la personalità di ognuno e la bellezza di un capo sta proprio nell’interpretazione di chi lo indossa.
Carven, di cui in questi giorni verrà inaugurato il primo monomarca in Rue Saint Sulpice a Parigi, in Italia è venduto in alcune delle boutique più esclusive e attente alle novità come 10 Corso Como (Milano), Tad (Roma), San Carlo (Torino), Tiziana Fausti (Bergamo), Tessabit (Como), Raspini e LuisaViaRoma (Firenze).  
Potete cercarlo anche nei migliori shop on line, tra cui segnaliamo quello di LuisaViaRoma e ovviamente Net-A-Porter.
Sul sito Carven date un’occhiata anche all’autunno-inverno ricco di cappotti, vestitini, colletti e maxi guanti strepitosi, pezzi incantevoli e con il pregio ulteriore di essere attualmente reperibili in saldo.  


Immagini: Style.com


Etichette: , ,